“Che cos’è un nome? Quella che chiamiamo “rosa” anche con un altro nome avrebbe il suo profumo”. Così parla Giulietta al suo adorato Romeo nell’opera di Shakespeare, sottolineando come il loro amore non si sarebbe fermato per colpa del nome delle due famiglie rivali. Eppure, ci sono casi in cui un nome può fare la differenza.
Tra le aree di recente interesse scientifico, medico e commerciale, poche hanno sollevato controversie quanto quella relativa ai probiotici. Ogni articolo pubblicato al riguardo utilizza una definizione diversa di probiotico, oppure critica la definizione comunemente accettata o ne propone una nuova sfumatura di significato.
La situazione si è fatta ancora più tesa nel 2006, quando l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha limitato l’utilizzo della parola “probiotico” sulle etichette dei prodotti [1]. Perché i probiotici sono un tema così caldo? Cosa c’è che non va nella loro definizione? Per provare a rispondere a queste domande, dobbiamo fare un salto nel passato.
Indice articolo
Siamo a Parigi, all‘inizio del Novecento. Ci troviamo in uno dei laboratori dell’Institut Pasteur, un centro di eccellenza per la ricerca microbiologica, medica e immunologica. Un signore dall’aspetto severo, con una folta barba scura, è intento a guardare attraverso l’oculare di un microscopio. È il biologo russo Elie Metchnikoff, che pochi anni prima, in Sicilia, aveva fatto una scoperta rivoluzionaria sul ruolo dei globuli bianchi, che gli è valsa il premio Nobel nel 1908.
Durante le sue ricerche sull’invecchiamento e sul ruolo dell’intestino nella salute umana, Metchnikoff ha ipotizzato per la prima volta che alcuni microrganismi potessero essere di aiuto nel combattere le malattie e nel favorire il benessere umano. Questa ipotesi è nata osservando la longevità di alcune popolazioni bulgare, e cercando una spiegazione a questo fenomeno nella loro dieta. In particolare, Metchnikoff si è concentrato su una bevanda a base di latte fermentato, una sorta di yogurt, che queste popolazioni erano solite consumare.
I microrganismi responsabili di questa fermentazione erano stati isolati e identificati pochi anni prima e avevano preso il nome di Lactobacillus bulgaricus proprio in riferimento alla popolazione bulgara (dal 1984 sono stati riclassificati come L. delbrueckii, sottospecie bulgaricus).
L’idea di Metchnikoff che dei microrganismi potessero influenzare la salute umana colonizzando l’intestino ed esercitando un’azione protettiva su questo e sull’intero organismo, ha avuto forte presa nel suo periodo (pensate che ha portato alla prima produzione industriale di yogurt!). Col passare del tempo, però, è stata relegata alla semplice pratica medica, fino a quando, a metà degli anni ’90, con l’accumularsi delle prove scientifiche a suo supporto, l’idea è riemersa ed è diventata uno dei soggetti trainanti nelle scienze legate alla salute e all’alimentazione.
Oggi i probiotici non sono solo oggetto di intensa ricerca medica, ma sono al cuore di un’industria che, a livello globale, vale miliardi di euro [2].
Man mano che il ruolo dei probiotici nel favorire il benessere umano si faceva più chiaro, si è sentita sempre di più la necessità di un modo univoco per poterli definire. Nella scienza, infatti, il primo passo per capire meglio qualcosa è dargli un nome. Nel 2001 si arriva finalmente a una definizione ufficiale di probiotici, a cura della FAO e dell’OMS, due istituti delle Nazioni Unite che si occupano di questioni di rilevanza globale relativamente all’alimentazione e alla salute. I probiotici vengono definiti «dei microrganismi viventi, che se assunti in quantità sufficienti, conferiscono un beneficio all’ospite».
Questa definizione include numerosi tipi di prodotti, utilizzabili in modi diversi (alimenti, integratori alimentari o farmaci) [3] e lascia aperte e irrisolte molte domande: cosa implica il fatto che i microrganismi siano “viventi”? Qual è la differenza fra probiotici e fermenti lattici? Quali quantità sono considerate “sufficienti”? Cosa si intende con “beneficio per l’ospite”? Rispondiamo con ordine.
Per essere definiti probiotici, i microrganismi in questione non solo devo essere vivi al momento dell’assunzione, ma devono sopravvivere al transito all’interno dello stomaco, un ambiente molto ostile per via degli acidi e degli enzimi aggressivi che contiene. Questo punto differenzia i probiotici dai comuni “fermenti lattici”: non ci si aspetta che i fermenti lattici sopravvivano al passaggio nello stomaco, mentre questo è un requisito fondamentale per i probiotici (detti anche “fermenti lattici vivi” proprio per questo motivo), visto che il loro scopo è colonizzare la mucosa intestinale e apportare un beneficio agendo a questo livello.
Studiare la colonizzazione intestinale da parte dei probiotici non è un’impresa semplice: ci si deve muovere in una giungla di microrganismi tutti molto simili tra loro, piccolissimi, e presenti in quantità incredibilmente alte. Lo sviluppo della genetica ci viene in aiuto e ci consente di identificare i vari ceppi presenti nelle biopsie e nei campioni prelevati, ricercando specifici geni che variano non solo da specie a specie, ma pure da un ceppo batterico a un altro. Capirete bene però che questo lavoro di prelievo e analisi non è proprio facile, né alla portata economica di tutti.
Veniamo alle quantità: in base ai dati scientifici disponibili, la quantità minima per ottenere una temporanea colonizzazione dell’intestino da parte di un ceppo microbico è di almeno un miliardo di cellule vive al giorno. L’uso di quantità inferiori può essere consentito solo se viene dimostrato che il microrganismo in questione è capace di colonizzare l’intestino anche a dosi inferiori. La quantità di cellule vive deve essere riportata in etichetta per ogni ceppo e deve essere garantita fino alla data di scadenza indicata [4]. Come si può notare, sono regole molto precise che pongono dei vincoli non indifferenti ai produttori di probiotici.
E ora, il tema più caldo: gli effetti benefici dei probiotici sulla salute umana. Come definirli? Come quantificarli? Nelle Linee guida su probiotici e prebiotici del Ministero della Salute si legge che, in base al Regolamento europeo 1924/2006, la sola colonizzazione a livello intestinale di un probiotico non è sufficiente a sostenere un effetto benefico sulla salute.[4] Cioè: va bene che i tuoi batteri sono arrivati sani e salvi nell’intestino, ma perché questo dovrebbe avrebbe avere un effetto positivo sulla salute?
Quello che spesso si trovava indicato in etichetta è che il prodotto contribuisce al “riequilibrio della flora intestinale”. Ma nel 2006 l’EFSA ha decretato che questa affermazione sulla salute non è autorizzabile. Immaginate la reazione da parte di chi produce e commercializza probiotici! L’Italia, uno dei principali consumatori di probiotici al mondo, dopo USA e Cina, ha scelto di autorizzare al riguardo una dicitura più “soft”: “favorisce l’equilibrio della flora intestinale” [4].
Eppure, sono sempre di più gli studi che vengono svolti a livello mondiale sull’efficacia e l’utilità dell’uso di probiotici sia nella prevenzione che nel trattamento di alcune patologie. Quindi un effetto benefico sulla salute ci può essere, ma va dimostrato attraverso studi scientifici. Questi studi sono molto lunghi e costosi, richiedono una pianificazione meticolosa per poter risultare utili e, in alcuni Paesi, sono addirittura ostacolati dalla burocrazia vigente, che consente i test solo di prodotti registrati come farmaci.
Ma cosa rivelano le centinaia di studi effettuati sui probiotici negli ultimi anni? Che ruolo possono avere questi esserini invisibili nel prevenire o curare le malattie? La loro azione è solo a livello intestinale? Di questo tema molto interessante parleremo nel prossimo articolo, non perdetevelo!
[1] Probiotics: definition, scope and mechanisms of action, Gregor Reid, Best Practice & Research Clinical Gastroenterology Volume 30, Issue 1, February 2016, Pages 17-25 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27048893/ Consultato 11/03/2021.
[2] Philip A. Mackowiak, “Recycling Metchnikoff: probiotics, the intestinal microbiome and the quest for long life”, Front. Public Health, 13 November 2013, https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpubh.2013.00052/full Consultato 11/03/2021.
[3] Schlundt, Jorgen. “Health and Nutritional Properties of Probiotics in Food including Powder Milk with Live Lactic Acid Bacteria”. Report of a Joint FAO/WHO Expert Consultation on Evaluation of Health and Nutritional Properties of Probiotics in Food Including Powder Milk with Live Lactic Acid Bacteria. FAO/WHO. Archived from the original on October 22, 2012. https://web.archive.org/web/20121022161702/http://www.who.int/foodsafety/publications/fs_management/en/probiotics.pdf Consultato 11/03/2021.
[4] Ministero della Salute, Commissione unica per la nutrizione e la dietetica. LINEE GUIDA SU PROBIOTICI E PREBIOTICI Revisione marzo 2018 http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1016_allegato.pdf Consultato 11/03/2021.
Roberto Cighetti
Biochimico